La Visual identity è spesso confusa con il solo logo, sebbene non sia questa una definizione esaustiva. Essa infatti comprende l’aspetto visivo di un marchio nel suo complesso, quindi – oltre al logo – anche naming, colori societari, font tipografici, stile (“Look&Feel”) con cui effettuare il trattamento della comunicazione e talvolta anche claim. Le aziende spesso ricorrono al restyling della loro visual identity, e certo non perché amino perdere tempo. Vediamo quindi di analizzarne i motivi (perché) e le tempistiche (quando) di questo “aggiornamento”.
Possiamo riassumere quattro obiettivi principali da tenere in considerazione nella progettazione di una identità visiva:
- L’identità visiva deve essere una sintesi dell’identità aziendale, una proiezione globale della loro realtà, che ne enfatizzi gli aspetti positivi senza mentire;
- L’identità visiva deve mettere in evidenza i punti di forza di un progetto o di una strategia aziendale;
- Ci deve essere una consistenza semantica tra i comportamenti della cultura aziendale e la direzione della comunicazione;
- Si deve integrare nella strategia globale ed essere coerente con il tipo di immagine che l’azienda vuole dare di sé.
Dunque nella vita aziendale accade spesso che questi principi non coincidano più con l’identità visiva adottata per cui si rende necessario un restyling in casi tipo:
1. Svecchiamento: L’aspetto dell’identità visiva risulta obsoleta, cioè legata troppo ad uno stile grafico di un tempo riconoscibile e passato
Un grande classico, Apple: Nel 1976 Ronald Wayne, co-fondatore di Apple, sviluppò la visual identity della neonata azienda di computer utilizzando il simbolo della mela. Il concept della mela derivava dal ben noto aneddoto riguardante Isaac Newton e al modo in cui una mela caduta gli fece intuire l’esistenza della Forza di gravità:
Tuttavia fu ben presto evidente che, pur illustrando molto bene il concept, questo tipo di logo mal si adattava alle varie declinazioni di utilizzo. Inoltre Steve Jobs riteneva che non servisse a veicolare bene l’idea di computer.
Si pensò di utilizzare dunque un’altra storia legata alla mela, sicuramente meno nota ma più pertinente, quella di Alan Turing, il matematico britannico pioniere delle scienze informatiche, morto negli anni ‘50 per aver mangiato una mela avvelenata (non è chiaro se per suicidio o se fu forzato a farlo).
Ad ogni modo il nuovo logo del 1977, oltre all’estrema semplificazione presenta anche il caratteristico morso.
Vediamo dunque che le varianti successive sono rivisitazioni della stessa icona che subisce modifiche stilistiche legate allo stile del decennio (ad esempio l’effetto cromato è uno stile grafico tipico dei primi anni 2000)
Con l’avvento degli smartphone i loghi non sono più concepiti solo per essere stampati o per essere l’intestazione di un sito su desktop. Dunque anche le identità visive devono soddisfare dei canoni di usabilità che tengano conto della riduzione dei formati, devono essere adattati in modalità responsive.
Ecco un esempio di alcuni brand e la declinazione del logo responsive, dove il formato più piccolo è un pittogramma.
2. Riposizionamento: L’identità visiva non rispecchia più il core business dell’azienda per ampliamento dei settori merceologici o di servizi
Amazon: Originariamente Amazon si proponeva come la “libreria più grande della Terra”, successivamente ha avuto anche necessità di sottolineare che la libreria più grande del mondo era difatti online (da cui l’aggiunta del “.com“).
Vista l’enorme espansione merceologica di Amazon i suoi punti di forza ed anche il suo core business sono cambiati, quindi sono cambiate anche i concetti da evidenziare e quindi di:
- evidenziare che ci si trova dalla A alla Z,
- far nuovamente scomparire il .com, ormai ridondante.
Da Jif a Cif: Prendiamo adesso a esempio un prodotto di successo che ha avuto la necessità di cambiare naming e logo proprio per la loro espansione globale. Il notissimo detergente prodotto dalla Unilever, Jif, nella sua diffusione in vari paesi del mondo si è adattato in base alle pronunce locali in Cif, Vim e Viss. Questo perché in alcuni paesi la pronuncia della J è simile alla H (Josè) o non riconosciuta dall’alfabeto. In italiano, ad esempio, questo prodotto è noto come Cif o Vim.
I cambiamenti spesso sono anche dettati dalla necessità di proporre qualcosa di nuovo, che in molti casi nuovo non è. Nella fattispecie, con Jif si sta procedendo dal 2000 ad un rebranding globale – lento ma definitivo – per uniformare il nome e il logo in tutti i paesi in Cif.
3. Fusione e ampliamento: L’identità visiva deve comunicare un cambiamento sensibile all’interno dell’azienda come fusioni aziendali o internazionalizzazioni
American Airlines prima e dopo la fusione con US Airways
Forse in pochi se ne sono accorti ma anche Facebook nel Novembre 2019 ha cambiato logo, nelle parole di Antonio Lucio, responsabile marketing di Facebook ‘’ Stiamo rinnovando il branding aziendale per fare chiarezza sui prodotti che vengono da Facebook’’ facendo riferimento all’acquisizione di Instagram e Whatsapp e naturalmente la piattaforma Facebook ‘’Stiamo introducendo un nuovo logo per distinguere ulteriormente l’azienda Facebook dalla App Facebook, che mantiene il suo branding originale’’
Airbnb nata come piattaforma di ricerca per soluzioni di ospitalità a pagamento domestica (notoriamente il suo naming deriva dai materassi gonfiabili da allestire in casa quando c’è un ospite) è rapidamente evoluta in un vero e proprio motore di ricerca globale per le strutture ricettive di ogni fascia di prezzo anche di lusso, perdendo molto delle caratteristiche iniziali. Il nuovo logo deve dunque avere un appeal meno rustico e ‘cheap’.
La nuova versione, con un’iconografia stilizzata e un pittogramma, si adatta anche meglio ad una comunicazione graficamente più elaborata e campagne di marketing multipiattaforma (stampa,web, app) ed anche ad espressioni più fantasiose del marchio.