Generazioni di marketer e pubblicitari sono cresciuti con una antica solida certezza: “il sesso vende”. Ebbene nel 2020 più di 80 studi internazionali sulla materia provano in maniera definitiva che questo non è il caso o, almeno, non lo è più.
Al Festival della creatività Lions di Cannes, il Geena Davis Institute sul Gender nei Media ha divulgato i dati sulla rappresentazione di genere nella pubblicità tra il 2006 e il 2016. In particolare, lo studio evidenzia come le donne nelle pubblicità siano state mostrate con abiti succinti, nude o in pose sessuali ben 6 volte più degli uomini (Harker et al. 2005; Soley e Kurzbard 1986; Stankiewicz e Rosselli 2008; Giaccardi et al. 2019).
Il presupposto di questa pratica che regola l’uso di immagini sessualizzate nella pubblicità è che queste immagini invogliano i consumatori ad acquistare i prodotti associati. Tuttavia, la ricerca pubblicitaria ha fornito risultati incoerenti; alcuni studi dimostrano che l’uso di annunci sessualizzati porta a risposte favorevoli da parte dei potenziali consumatori (Grazer e Kessling 1995) ed altri invece mostrano effetti negativi della sessualizzazione delle pubblicità (Bongiorno et al. 2013).
Effetto paradossale: attira l’attenzione, ma non spinge all’acquisto
Inoltre, una recente meta-analisi di Wirtz (International Journal of Advertising 2018) conclude che gli uomini hanno mostrato atteggiamenti più favorevoli nei confronti delle donne sessualizzate nelle pubblicità rispetto a proposte neutre, mentre le donne hanno mostrato il comportamento inverso. Inoltre, sulle intenzioni di acquisto non sono stati riscontrati effetti su pubblicità sessualizzanti femminili per sesso. Per quanto riguarda gli annunci con modelli maschili, gli autori hanno segnalato un effetto negativo complessivo della sessualizzazione dei modelli maschili sugli atteggiamenti e sulle intenzioni di acquisto indipendentemente dal sesso dei partecipanti.
Abbiamo scoperto che le persone ricordano gli annunci con richiami sessuali più di quelli senza, ma tale effetto non si estende ai marchi o ai prodotti presenti negli annunci.
La loro ricerca ha rilevato che non solo i partecipanti allo studio non erano più propensi a ricordare i marchi presenti negli annunci con richiami sessuali, ma anzi erano più propensi ad avere un atteggiamento negativo nei confronti di quei marchi, ha detto Wirtz. Inoltre, i partecipanti non hanno mostrato maggiore interesse ad effettuare un acquisto. “Abbiamo riscontrato letteralmente – precisa Wirtz – un effetto zero sull’intenzione dei partecipanti di acquistare prodotti in annunci con un appeal sessuale”, ha detto Wirtz.
“Questa ipotesi che il sesso vende – beh, no, secondo il nostro studio, non è così. Non ci sono indicazioni che ci sia un effetto positivo“.
John Wirtz, professore di advertising dell’Università dell’Illinois
Come definito nella ricerca, i riferimenti sessuali includevano modelli parzialmente o completamente nudi; modelli che erano impegnati in contatti sessuali o in posizioni che suggerivano che un incontro sessuale fosse imminente; allusioni sessuali e incorporamenti sessuali, che sono parole o immagini parzialmente nascoste che comunicano un messaggio sessuale.
“La scoperta più forte è stata probabilmente la meno sorprendente, vale a dire che i maschi, in media, amano gli annunci con richiami sessuali e le femmine non li amano”, ha detto Wirtz. “Tuttavia, siamo rimasti sorpresi dall’atteggiamento negativo delle donne nei confronti di questi annunci”.
Quando non si separano i risultati in base al sesso, l’effetto paradossale degli appelli sessuali sull’atteggiamento dei partecipanti nei confronti delle pubblicità non era significativo, ha detto, ma separatamente “vanno in direzioni completamente opposte”.
Wirtz ha detto di aver deciso di proseguire questa ricerca perché vede la meta-analisi – l’applicazione di procedure statistiche ai dati di una serie di studi – come uno strumento di studio efficace.
“Il numero medio di partecipanti a ogni singolo studio era di circa 225 persone, ma utilizzando una meta-analisi, abbiamo potuto combinare studi e condurre alcune analisi con più di 5.000 partecipanti – in un’unica analisi, con più di 11.000”, ha detto Wirtz. “Ciò significa che i nostri risultati presentano un’immagine più accurata di ciò che accade quando qualcuno vede un annuncio con un appeal sessuale”.
Le implicazioni della ricerca per i professionisti della pubblicità sono contrastanti, dato che gli annunci con richiami sessuali vengono ricordati di più e gli inserzionisti vogliono che le persone ricordino i loro annunci, ha detto Wirtz, ma non sembrano aiutare nella vendita di marchi o prodotti. “Certamente le prove indicano che l’effetto di trascinamento del gradimento degli annunci non influenza se stanno per effettuare un acquisto”, ha detto.
Il sesso nella cartellonistica stradale: Una tradizione dura a morire
Una citazione a parte meritano quelle pubblicità che puntano al sesso nell’immagine e anche nel messaggio per commercializzare prodotti e servizi totalmente estranei a situazioni dove mostrare il corpo potrebbe avere un senso (ad esempio trattamenti estetici, costumi da bagno, etc.) oppure dove l’allusione e il doppio senso mostrano ironia e pertinenza.
Non mancano gli esempi eccellenti di grandi Brand ma questo tipo di campagne pubblicitarie a doppio senso, con il nudo ammiccante e in posa in un contesto improbabile, è tipico delle campagne locali principalmente outdoor. Sicuramente efficaci nel catturare l’attenzione manifestano anche una povertà di idee creative e un fastidioso ammiccamento alla Pierino, questo porta a credere che venga raggiunta una quantità veramente esigua di persone, visto che neanche i consumatori più sprovveduti si emozionano più di fronte l’ennesimo “Te la do gratis (prodotto/servizio)”.
In base agli studi citati uno degli effetti indesiderati di questo tipo di comunicazione è anche l’esclusione di un’importante fetta di mercato, quella femminile, che trova addirittura fastidiose.
Si rende necessaria una sensibilizzazione da parte degli esperti della comunicazione e nel marketing per rendersi conto che questo tipo di comunicazione è in quest’epoca ormai controproducente, non porta i risultati auspicati ed espone il cliente ad inevitabili critiche.
Per approfondimenti:
“The effect of exposure to sexual appeals in advertisements on memory, attitude, and purchase intention: A meta-analytic review” is available online (access may be restricted).
Gramazio, S., Cadinu, M., Guizzo, F. et al. Does Sex Really Sell? Paradoxical Effects of Sexualization in Advertising on Product Attractiveness and Purchase Intentions. Sex Roles (2020). https://doi.org/10.1007/s11199-020-01190-6.